Bentornati a tutti! Questa settimana festeggiamo il ritorno dell’angolo dedicato all’estremo oriente. Vi avevo lasciati mentre parlavamo della storia del tipico abito Giapponese: il Kimono, ed è proprio da qui che voglio riprendere questo piccolo spazio dedicato non solo alla moda, ma alla cultura che si cela dietro la sua evoluzione. Buona Lettura.
Periodo Heian (794-1185): durante questo periodo, che prende il suo nome dalla capitale Heian-Kyo (l’attuale Kyoto) la cultura giapponese conosce una fioritura straordinaria in tutte le arti e gli abiti a corte raggiungono un’elevata varietà ed elaborazione. Tra questi il più rappresentativo è il nyōbō shōzoku (immagine in alto), l’abito della dama di corte. Il nyōbō shōzoku è stato definito recentemente jūnihito-e che letteralmente significa “12 abiti diversi”. Gli abiti venivano indossati dalle donne uno sopra l’altro, fino ad arrivare anche a venti strati diversi, ovviamente maggiore era il loro numero, maggiore era il prestigio e il rango di colei che li indossava. (Sulla destra un esempio della moda nel periodo Heian)
L’IMPORTANZA DEL COLORE
La parte più importante di questi abiti era il colore specifico degli strati, che aveva ancora più valore delle decorazioni che li ornavano e la loro combinazione codificata da circa 200 regole diverse. I colori erano stabiliti per rispecchiare le stagioni e le loro caratteristiche, rivelando il profondo legame del popolo giapponese con la natura che li circondava. Per esempio, nel periodo invernale ( da novembre a febbraio) si indossavano kimono con l’interno rosso e l’estero bianco mentre in primavera (marzo e aprile) venivano usati il color lavanda per l’esterno e il blu all’interno. durante queste stagioni erano previsto anche un soprabito giallo e arancione. Lo strato più interno era il kosode, nome che si riferiva non alla lunghezza della manica ma alla sua apertura, lo strato più esterno karaginu, poi uchikake. Era somigliantea quest’ultimo, ma dai colori più sobri, l’abito indossato quotidianamente dall’uomo di corte detto kariginu...
Continua…
Fonte: Casazen