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Constantine cancellato: ennesima débacle per la tv di genere su un grande network

Come abbiamo già scritto in passato, Constantine non sarà l’ideale per i fan del fumetto Hellblazer ma è meglio di niente. Purtroppo questo show sviluppato da David S. GoyerDaniel Cerone e interpretato da Matt Ryan (una delle poche cose buone dello show) nella parte del mago, ex punk, stregone, re del sarcasmo John Constantine, chiuderà i battenti, la NBC ha detto la parola fine alla serie.

Sin dall’inizio Constantine ha avuto problemi, con un pilota che ebbe una sterzata brusca nel finale a causa di un cambio di coprotagonista fra la prima e seconda puntata. Poi ha stabilmente e costantemente perso spettatori. Non c’è da stupirsi: come molti commentatori avevano notato, Constantine sembrava essere la versione cupa, angosciante e anche meno glamour di Supernatural. La NBC si aspettava forse un successo simile, ma non ha fatto i conti che show come Supernatural o Vampire Diaries fanno leva su un pubblico pressoché adolescente e sono estremamente più semplici e accattivanti. Constantine, nella sua versione banalizzata ed edulcorata dell’originale personaggio creato da Alan Moore, era un po’ troppo né carne né pesce. Una via di mezzo che non andava nella direzione commerciale voluta dalla NBC e neanche nella direzione cult che avrebbe potuto attrarre i tanti fan del fumetto.

Forse uno show come Constantine sarebbe stato meglio su un canale via cavo che su uno dei network principali, dove gli ascolti grossi vengono dai procedurali e dalle sitcom e dove il pubblico potrebbe non essere preparato a serie gotiche che non siano almeno un po’ glitterate, e forse questo potrebbe accadere, stando al tweet di Cerone:

Constantine tweet

Quindi l’autore spera ancora in una salvezza dello show presso un altro canale. Io personalmente non sono più riuscito a seguirlo dopo la quarta, quinta puntata. Per me John Constantine è e rimane quintessenzialmente britannico, con tanto di case di Crowley, Hooligans posseduti, Ley Lines da difendere e la Londra misteriosa e sotterranea dal fascino innegabile.

Lista dei vincitori tv dei Golden Globes 2015

Eccoci di nuovo qui con i Golden Globes che confermano una vocazione più “filmica” rispetto ai Grammy, un po’ forse più attendibili per quel che riguarda le serie tv.

BEST TELEVISION SERIES – DRAMA

The Affair
Showtime
Showtime Presents, Sheleg, Higlewater

BEST TELEVISION SERIES – COMEDY OR MUSICAL

Transparent
Amazon
Amazon Studios Instant Video

BEST MINISERIES OR MOTION PICTURE MADE FOR TELEVISION
Fargo
FX
FX Productions & MGM Television


BEST PERFORMANCE BY AN ACTRESS IN A MINI-SERIES OR MOTION PICTURE MADE FOR TELEVISION

Maggie Gyllenhaal
The Honorable Woman

BEST PERFORMANCE BY AN ACTOR IN A TELEVISION SERIES – DRAMA

Kevin Spacey
House Of Cards

BEST PERFORMANCE BY AN ACTOR IN A TELEVISION SERIES – COMEDY OR MUSICAL

Jeffrey Tambor
Transparent

BEST PERFORMANCE BY AN ACTRESS IN A TELEVISION SERIES – DRAMA

Ruth Wilson
The Affair

BEST PERFORMANCE BY AN ACTOR IN A SUPPORTING ROLE IN A SERIES, MINISERIES OR MOTION PICTURE MADE FOR TELEVISION

Matt Bomer
The Normal Heart

BEST PERFORMANCE BY AN ACTRESS IN A SUPPORTING ROLE IN A SERIES, MINISERIES OR MOTION PICTURE MADE FOR TELEVISION

Joanne Froggatt
Downton Abbey

BEST MINISERIES OR MOTION PICTURE MADE FOR TELEVISION

Fargo
FX, FX Productions & MGM Television

BEST PERFORMANCE BY AN ACTOR IN A MINI-SERIES OR MOTION PICTURE MADE FOR TELEVISION

Billy Bob Thornton
Fargo

BEST PERFORMANCE BY AN ACTRESS IN A TELEVISION SERIES – COMEDY OR MUSICAL

Gina Rodriguez
Jane The Virgin

Ecco le nomination ai Golden Globes per la tv del 2015

MIGLIOR SERIE – DRAMMA
Downton Abbey
House of Cards
Il Trono di Spade
The Affair
The Good Wife

MIGLIOR SERIE – COMEDY O MUSICAL
Girls
Jane the Virgin
Orange Is the New Black
Silicon Valley
Transparent

MIGLIOR ATTORE IN UNA SERIE DRAMMATICA
Clive Owen, The Knick
Liev Schreiber, Ray Donovan
Kevin Spacey, House of Cards
James Spader, The Blacklist
Dominic West, The Affair

MIGLIOR ATTRICE IN UNA SERIE DRAMMATICA
Claire Danes, Homeland
Viola Davis, How to Get Away With Murder
Julianna Margulies, The Good Wife
Ruth Wilson, The Affair
Robin Wright, House of Cards

MIGLIOR ATTORE IN UNA SERIE – COMEDY O MUSICAL
Louis C.K., Louie
Don Cheadle, House of Lies
Ricky Gervais, Derek
William H. Macy, Shameless
Jeffrey Tambor, Transparent

MIGLIOR ATTRICE IN UNA SERIE – COMEDY O MUSICAL
Lena Dunham, Girls
Edie Falco, Nurse Jackie
Julia Louis-Dreyfus, Veep
Gina Rodriguez, Jane the Virgin
Taylor Schilling, Orange Is the New Black

MIGLIOR MINISERIE O FILM TV
Fargo
Olive Kitteridge
The Missing
The Normal Heart
True Detective

MIGLIOR ATTORE IN UNA MINISERIE O FILM TV
Martin Freeman, Fargo
Woody Harrelson, True Detective
Matthew McConaughey, True Detective
Mark Ruffalo, The Normal Heart
Billy Bob Thornton, Fargo

MIGLIOR ATTRICE IN UNA MINISERIE O FILM PER LA TV
Maggie Gyllenhaal, The Honorable Woman
Jessica Lange, American Horror Story: Freak Show
Frances McDormand, Olive Kitteridge
Frances O’Connor, The Missing
Allison Tolman, Fargo

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE, MINISERIE O FILM PER LA TV
Matt Bomer, The Normal Heart
Alan Cumming, The Good Wife
Colin Hanks, Fargo
Bill Murray, Olive Kitteridge
Jon Voight, Ray Donovan

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA IN UNA SERIE, MINISERIE O FILM TV
Uzo Aduba, Orange Is the New Black
Kathy Bates, American Horror Story: Freak Show
Joanne Froggatt, Downton Abbey
Allison Janey, Mom
Michelle Monaghan, True Detective

Morto Ken Weatherwax – Pugsley della Famiglia Addams

Ken Weatherwax, l’attore che interpretò il piccolo Pugsley Addams nella serie tv degli anni ‘60 è morto all’età di 59 anni per un attacco cardiaco.

Weatherwax veniva da una famiglia di attori consumati e piuttosto influenti negli anni ’50. La zia era Ruby Keeler e suo fratello aveva girato le prime tre stagioni di Lassie. Nella vita, dopo la Famiglia Addams, Ken si arruolò nell’esercito e, tornato civile, fece qualche doppiaggio un po’ di pubblicità e lavorò come cameraman. Saltava fuori qui e lì alle convention o alle premier horror di film di serie B.

Si sarebbe meritato di più, se non come attore, almeno come simbolo di una dei più importanti franchise dell’orrore in tv.
RIP Pugsley.
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Sitcom e Commedie in tv: è sempre più crisi?

Gli ultimi due anni il compartimento sitcom americano ha fatto vittime eccellenti, sono state segate una dozzina almeno di serie tv comiche, The Crazy Ones, The Michael J. fox Show, Suburgatory,The Millers, Non fidarti della Stronza dell’Appartamento 23, Bad Judge, Selfie… Solo per nominare i progetti più importanti e con attori di un certo richiamo. Sotto la scure dei conti che non tornavano sono caduti personaggi come Michael J. Fox, Robin Williams, Beau Bridges, Kirsten Ritter, Karen Gillian e la lista continua.
Di certo il genere non è sottorappresentato nei palinsesti, ma alla abbuffata di qualche hanno fa, favorita dal successo di Two and a Half Men, Modern Family e The Big Bang Theory è seguita una seria dieta dimagrante che ha visto cadere ad uno ad uno la maggior parte dei tentativi di farci ridere.

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La situazione oggi è che, a parte i sopraccitati mostri sacri (TBBT su tutti, con ascolti inarrivabili che riescono a battere anche i talent popolarissimi in prime time) che però danno segni di stanchezza, non c’è tantissimo a ben vedere.
In seconda fila, molto più indietro e di qualità decisamente più dubbia abbiamo New Girl (il cui successo continua a perplimermi), 2 Broke Girls, Brooklyn Nine-Nine e pochi altri.
Per fortuna vi sono poi un paio di chicche come Community, Parks & Recreation e It’s Always Sunny in Philadelphia che però rimangono allo stato di cult e non sfondano presso il grande pubblico.

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Un discorso a parte andrebbe fatto per la tv britannica, le cui sitcom raramente hanno passato i confini d’albione con l’eccezione del gigante Ricky Gervais, che rimane di un altro pianeta, e gli sporadici remake (Shameless su tutti). Per l’Italia a parte il rimpianto Boris le cose più interessanti, o meglio quelle che non mi fanno venire voglia di ficcarmi due dita in gola e vomitare, sono di base sul web.
Qual’è il problema? Questi non sono tempi di crisi per la tv, anzi… Il pubblico dimostra di apprezzare sempre più prodotti complessi e stratificati. Eppure non è facile farlo ridere. Insomma sembra paradossalmente che la sfida delle sitcom, in mondo dove basta connettersi a Vine o Youtube per qualche risata facile, sarà sempre più complessa.
Chi guarda serie tv diviene sempre più sofisticato ed esigente, se qualche grande network non tirerà fuori dal cilindro un colpaccio alla Robinson, Friends, Seinfield o similia ci ritroveremo quindi a ridere un po’ meno davanti alla tv.

Umorismo nero e leggerezza: l'uomo dietro la Famiglia Addams

La scena televisiva americana degli anni ’60 doveva essere un’interessante crogiolo di menti tanto geniali quanto eccentriche, una di queste apparteneva al creatore dei personaggi della celeberrima famiglia Addams:Charles Addams, un uomo tanto bizzarro quanto i persoanggi che disegnava.

Fumettista di punta del New Yorker dal 1930 al 1980, Charles Addams praticamente inventò l’umorismo nero in America. I suoi fumetti trovarono la vena comica che è all’incrocio tra il bizzarro e il quotidiano, con le persone comuni che rivelano tendenze ad un cupo esotico. Nel corso della sua vita, Addams ha illustrato 68 copertine per il New Yorker e ha contribuito a più di 1300 fumetti per la rivista, che ispirarono tutti, dal fumettista Far Side di Gary Larson al regista Tim Burton. Se le storie di scrittori come Dorothy Parker, Ogden Nash, e John Cheever sono la linfa vitale del New Yorker, i disegni di Addams ne sono stati il suo spirito.

La più famosa creazione di Charles Addams, La Famiglia Addams, rifletteva i valori americani in uno specchio deformante, mostrandone la paranoia, il buio ma anche la dolcezza della vita suburbana. La Famiglia Addams ha dato vita a due serie televisive, due cartoni animati, e due film di successo e le reincarnazioni continuano ad arrivare. In questo momento, c’è un musical del cartone animato a Broadway, e Tim Burton è in procinto di dirigerne una nuova versione cinematografica. Ma per quanto raccapriccianti, eccentrici, misteriosi e inquietanti i personaggi siano, non sono nulla a confronto di Charles Addams  stesso.

Nel suo periodo di massimo splendore, Charles Addams era una celebrità, il tipo di persona che tutti volevano conoscere. Alfred Hitchcock compì un pellegrinaggio fino alla porta di casa Addams, solo per cogliere uno scorcio del personaggio nel suo habitat naturale. Le leggende urbane vogliono che il disegnatore fosse un paziente abituale dei manicomi di New York, e che preferiva che i suoi martini fossero guarnite con bulbi oculari. E mentre molte delle storie di Addams erano sicuramente esagerate, non c’è dubbio che l’uomo aveva un debole per il particolare. Invece di un tavolino da caffè standard Addams usava un tavolo di imbalsamazione dell’era della guerra civile. Possedeva anche una collezione di antiche balestre sopra il suo divano e usava la pietra tombale di una giovane ragazza (“La Piccola Sarah,di soli tre anni”) come una tavolino per i suoi cocktail.

UN INFANZIA… FELICE

Con stranezze del genere, non si sarebbe immaginato che l’artista aveva avuto un’educazione del tutto normale. Charles Addams nacque il 7 GENNAIO 1912, a Westfield, New Jersey, l’unico figlio di un venditore di pianoforti. Era un bambino sorridente che si trasformò in un ragazzo sorridente,  amato con indulgenza dai suoi genitori e ben voluto dai suoi amici e compagni di classe. “So che sarebbe più interessante, forse, se avessi una terribile infanzia, incatenato a una trave di ferro e nutrito con cibo per cani tutti i giorni,” Addams una volta disse a un intervistatore. “Sono una di quelle strane persone che effettivamente hanno avuto un’infanzia felice.”

Eppure, il fascino Addams per il macabro iniziò presto nella vita. Fin da bambino, amava visitare i cimiteri. All’età di 8 anni, fu preso dalla polizia per aver fatto irruzione in una particolarmente spaventosa villa vittoriana vicino a casa sua. E quando l’America entrò nella prima guerra mondiale, Addams cominciò a disegnare immagini del Kaiser Guglielmo II accoltellato, sparato, investito da un treno, o bollito in olio.

NEW YORK

Il destino voleva che, mentre Addams era al liceo, il suo futuro datore di lavoro cominciava ad emergere. Il New Yorker pubblicò il suo primo volume nel 1925. All’inizio si presentava come una rivista settimanale dall’umorismo sofisticato, grazie soprattutto a illustrazioni e fumetti dai disegni eleganti. I sagaci fumetti divennero ben presto il segno distintivo della rivista, e Addams capì che voleva lavorare lì dal momento in cui ne vide la prima volta una copia.

Dopo il liceo, Addams si iscrisse a diversi college in cerca di un buon programma di arte. Alla fine si ritrovò alla Grand Central School of Art, arroccata in cima al Grand Central Terminal di Manhattan. Era ancora uno studente quando vendette la sua prima vignetta al New Yorker -un disegno non firmata di un lavavetri sospeso su un grattacielo. Era il 6 febbraio 1932 e Addams si beccò un assegno di $ 7,50.

Non era abbastanza per pagare le bollette, così Addams si procurò un lavoro di ritocco di raccapriccianti foto di scene del crimine per la rivista True Detective. Non era un lavoro glamour, ma permise all’artista di affinare il mestiere e il suo stile. Usando una tecnica di delicata sfumatura dell’inchiostro, Addams scoprì l’oro fumettistico al crocevia fra il morboso e il mondano, evidenziando allo stesso tempo la magia e l’orrore della vita di tutti i giorni. Nel mondo di Addams, un uomo apre il suo paracadute per scoprire che è stato fatto a maglia da sua moglie, e due amanti si fanno coccole al chiaro di luna sulle rive di uno stagno da cui spunta una pinna di squalo. In uno delle sue più famose strisce, una folla osserva un polpo trascinare un uomo sfortunato in un tombino. Un passante dice al suo amico: “Non ci vuole molto per raggruppare una folla a New York.”

Nel 1940, Addams era diventato un habitué del New Yorker, ciò gli permise di lasciare True Detective e concentrarsi a tempo pieno sui suoi disegni. Nello stesso anno, pubblicò il fumetto che avrebbe fatto di lui uno degli artisti più pagati e più utilizzati della rivista. In esso, uno sciatore lascia dietro di sé una serie di tracce che indicano che è appena passato attraverso un albero, invece di aver girato intorno ad esso. Il New Yorker dovette far fronte a più richieste di ristampa di quella immagine di ogni altra vignetta quell’anno. Due mesi dopo “Lo Sciatore”, Addams ricevette una lettera da una psicologa dell’Illinois, che gli disse che aveva usato l’immagine per determinare l’intelligenza degli adulti mentalmente disabili. Il dottore chiedeva ai suoi pazienti perché l’immagine era divertente, e se non lo capivano, lei determinava che la loro intelligenza era inferiore a quella di un bambino di 9 anni. Nel corso degli anni successivi, “Lo Sciatore” fu imitato e plagiato inesorabilmente. La gag fu anche utilizzata sul grande schermo nel film di Gianni e Pinotto del 1943 Avventura in Montagna.

SCIUPAFEMMINE

Man mano che la fama di Charles Addams continuò a crescere anche la sua vita sociale cambiò. Sviluppò rapidamente una reputazione di uomo di mondo, era risaputo che passava le serate fino a tarda notte nei migliori bar in compagnia di belle donne. Ma nel 1942, Addams incontrò una compaesana di Westfield di nome Barbara Day. Una donna statuaria con i capelli neri e la pelle pallida, Day sembrava molto simile a Morticia Addams, la matriarca dei suoi fumetti sulla famiglia Addams. Addams aveva disegnato Morticia per la prima volta quattro anni prima, così in Barbara aveva letteralmente trovato la donna dei suoi sogni. In poco tempo, la coppia si fidanzò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nello stesso anno, Addams fu richiamato dall’esercito per prestare servizio nella seconda guerra mondiale. Fu assegnato al Corpo d’Armata Comunicazioni, il gruppo responsabile per la produzione di film e manifesti di propaganda, in cui si trovò circondato da artisti, sceneggiatori e colleghi fumettisti. Alla fine, la guerra fece ben poco per ostacolare la carriera di Addams, anzi. Intanto continuò a lavorare per il New Yorker, così come per altre riviste e agenzie pubblicitarie, trovando anche il tempo di vedere Barbara. Prima della fine della guerra, Addams e Day erano sposati, e il suo lavoro veniva mostrato al Metropolitan Museum of Art.

Addams e sua moglie cominciarono ben presto a vivere la vita glamour. Comprarono costose auto sportive, posavano per le illustrazioni dell’ Harper Bazaar e davano il tipo di feste di cui tutti parlavano. Troppe feste, forse. Dopo otto anni di matrimonio, la coppia si divise. Lei voleva i bambini, lui no. Essenzialmente lui stesso un bambino, Addams era reticente a diventare padre. Inoltre, la sua tendenza ad essere un donnaiolo non si era fermata all’altare.

Focus sulla Famiglia

Mentre il matrimonio di Addams andava spegnendosi nella vita reale, la sua striscia a fumetti sulla famiglia si stava espandendo. Morticia era entrata nel mondo nel 1938. Quattro anni più tardi, aveva ottenuto un marito, Gomez, un uomo tozzo e brutto con un naso schiacciato. Gomez era una dichiarazione politica; Addams, un devoto democratico, aveva basato il personaggio su Thomas E. Dewey futuro governatore repubblicano di New York.

La famiglia Addams aggiungeva un figlio, Pugsley, l’anno successivo, che veniva presentato nell’atto di costruire una bara per un compito in classe. La figlia Mercoledì arrivò subito dopo, presentata nel tentativo di avvelenare il fratello. L’ultimo a prendere il suo posto fu lo zio Fester, che apparve la prima volta nei panni di un sinistro uomo calvo tra il pubblico di una sala cinematografica, Fester rideva mentre tutti intorno a lui piangevano. Zio Fester, Addams poi rivelò, fu il personaggio al quale più l’autore si sentiva legato.

Sulla pagina, i personaggi della famiglia Addams erano nettamente peggiori rispetto ai loro omologhi televisivi. In un disegno di Natale del  New Yorker del 1946, la famiglia si vede sul tetto del suo palazzo vittoriano fatiscente, intenta a rovesciare una pentola di olio bollente sui gruppi di cantanti di inni natalizi di sotto. I lettori amarono così tanto la vignetta che questa fu stampata su delle cartoline di Natale.

Nel 1950, La Famiglia Addams era diventata così popolare che aveva generato una linea di merchandising, tra cui sciarpe di seta e stoviglie. Ma stranamente, i personaggi non ebbero nomi fino al 1963, quando la serie fu trasformata in uno show televisivo. Nella fretta di nominarli, Addams stava per chiamare Pugsley, Pubert (“Pubertà”), ma all’ultimo momento decise che il nome era troppo rozzo.

La transizione de La famiglia Addams in TV non fu facile. In realtà, stava per non accadere affatto a causa della seconda moglie di Addams, Barbara ‘Barb’. Addams e Barb si erano sposati nel 1954, e il matrimonio era stato un disastro fin dall’inizio. L’attrazione era chiara: Barb sembrava ancora più simile a Morticia di Barbara Day. (Aveva anche fatto una plastica al naso per assomigliare al personaggio). Ma si trattava di una donna instabile e aggressiva che una volta aggredì il marito con una lancia africana. Era anche un avvocato e utilizzò le sue competenze giuridiche per costringere Addams a cedere i diritti di molti dei suoi fumetti. La coppia divorziò due anni dopo il loro matrimonio, Barb aveva però il controllo completo dei diritti della famiglia Addams e mise in fase di stallo la produzione nello show televisivo fino a quando i produttori concordarono di darle più soldi.

Quando la serie finalmente debuttò sulla ABC nel 1964, Charles Addams non era fra i fan. Amava la sigla, ma si lamentava che la famiglia non era “malvagia neanche la metà” dei suoi personaggi originali. Eppure, il pubblico americano la adorò, e il programma portò un nuovo livello di fama e fortuna a Addams. Generando altro merchandise, tra cui gomma da masticare e giochi da tavolo.

Nonostante il suo successo commerciale, La famiglia Addams fu improvvisamente cancellata nel 1966. Improvvisamente, Addams si trovò senza una parte significativa del suo reddito. In quel periodo Addams usciva con Jackie Kennedy che però lo lasciò proprio con l’interruzione dello show. A peggiorare le cose, La famiglia Addams era anche sparita dalle pagine del New Yorker. Gli editori avevano deciso che una volta che la famiglia era in televisione, non poteva più essere in stampa. Addams mantenne Gomez e compagnia vivi attraverso varie campagne pubblicitarie, ma come un biografo ha affermato, rimase profondamente amareggiato nei confronti della rivista per l’aver rinnegato la sua famiglia.

LA MORTE

 

 

 

 

 

 

 

Fino agli anni ’80, Addams continuò a guadagnare come artista freelance, vendendo il suo lavoro per riviste e gallerie. Anche dopo cinque decenni di fumetti la sua mano non dava segno di rallentamento. Ancora amava, pur non guidandole più, le macchine veloci e ancora amava la compagnia delle belle donne. Nel 1980 sposò la sua fidanzata di lunga data, Marilyn “Tee” Miller. Il matrimonio si tenne in un cimitero degli animali, dove la sposa era vestita di nero, così come le damigelle.

Charles Addams morì il 29 settembre del 1988, all’età di 76 per un attacco di cuore mentre era seduto nella sua auto parcheggiata. Sua moglie ha detto al New York Times, “E ‘sempre stato un appassionato di auto, quindi è stato un bel modo di andarsene.”

Naturalmente, questo non fu certo la fine per Addams. I suoi cartoni animati vivono, in gran parte perché attingono a qualcosa di profondo nella psiche americana. Le persone si identificavano e ancora lo fanno al fascino di Addams per il lato oscuro dell’umanità. Come ha scritto la sua biografa Linda Davis, “I suoi cartoni animati, a differenza di quelli di tanti altri fumettisti, erano per la maggior parte senza tempo e trattavano temi universali. Sono ancora divertenti oggi; li capiamo ancora oggi. “Infatti, Addams si ispirò alle sue paure- paura del matrimonio, i timori sull’alienazione, paura della morte, per mostrarci che nell lato oscuro della vita, c’è la luce, o per lo meno, la leggerezza.

Tradotto da: Light Heart, Dark Humor…

Le Streghe in TV: gioie e dolori

Qualche giorno fa sul blog TheMarySue, un sito dedicato al mondo dei fumetti, gaming e cultura pop, è apparso questo articolo dal titolo Television, Toil and Trouble: The Witches Of TV, che propone una serie di riflessioni sulla figura della strega nel mondo delle serie tv. L’articolo è sicuramente parziale e a tratti anche discutibile, ma è una preziosa occasione di riflessione sull’ennesimo approccio alla rappresentazione della figura femminile e relativi stereotipi. L’abbiamo tradotto per voi (si ringrazia Flavia Wolfrider per la traduzione).

Chiudete gli occhi e immaginate una strega. Probabilmente vedrete una di queste due immagini: una vecchia signora rugosa e rinsecchita vestita di nero o Willow Rosenberg. Le favole e un classico della letteratura, The Wonderful Wizard of Oz (1900), forniscono il modello di strega vecchia e secca che cavalca una scopa; il secondo stereotipo invece propone il modello di strega bella e buona, anche se il modello della strega cattiva è ancora molto diffuso nell’immaginario comune perché è così che le streghe sono state immaginate per secoli dalle masse. (Vi ricordate tutti della strega verde ottenuto con il technicolor della versione cinematografica de Il Mago di Oz).

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Papa Gregorio IX autorizzò l’esecuzione delle streghe nel 1200 e la loro sorte non è migliorata da allora. Paura e odio hanno portato con sè l’inevitabile associazione con le caratteristiche fisiche poco gradite.
Ora, se si va sul sito web Party City’s (un sito specializzato in abbigliamento e addobbi per Halloween) e si cerca la parola “strega” si trovano, tra le tante, la “Neon Witch”, la “Kandy Korn Witch” e la “Purple Carousel Witch”, tutti costumi proposti con un modello di donna giovane e in forma. Ora non sono qui a dire che è male proporre simili costumi, alcuni sono veramente carini anche se il nome sembra ridicolo, ma l’unica cosa che hanno in comune è un cappello a punta, e questo ci riporta alla domanda iniziale: come ci immaginiamo una strega?
Per la risposta mi rivolgo alla televisione. In questo articolo mi riferirò solo alle opere con personaggi in carne ed ossa di serie TV che appaiono in prima serata, perché se includessi le serie animate e i programmi per bambini il capmo sarebbe troppo vasto.
Le streghe erano “fiche” in TV nel 1964 con l’uscita delle serie “Bewitched” (Vita da Strega) e “The Addams Family” (La Famiglia Addams) derivate dalla popolarità del film Bell, Book and Candle (Una Strega in Paradiso). Questi erano tra i primi piccoli ritratti televisivi, ognuno dei quali cercava di scardinare l’assunto che le streghe vivono da sole nei loro castelli, proiettando le loro eroine nella vita domestica. “Bewitched” si è spinta oltre vestendo Samantha da casalinga e facendo sfatare la nozione del cappello a punta nell’episodio pilota dallo stesso personaggio principale.

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La madre di Samantha è anche lei una strega che, anche mantenendo uno standard televisivo di vecchio tipo, non si rifà all’immagine classica e stereotipata della strega.
Le donne con poteri magici hanno vissuto una specie di battuta d’arresto con l’episodio di Star Trek “Il Gatto Nero” del 1967. L’equipaggio visita un pianeta dove gli alieni usano la stregoneria per trasformarsi in cose che pensano facciano più paura agli umani. La prima cosa che fa paura è un trio di vecchie ghignanti che ricordano il Macbeth. Questo episodio di Halloween, andato in onda per la prima volta il 27 ottobre 1967, porta poi il nostro intrepido equipaggio in un castello da brividi abitato da un uomo e da una donna, entrambi adepti del controllo mentale. E’ la donna ad essere il vero cattivo della storia ed è definita strega, lei è anche la donna furba e sensuale che cambia aspetto per sedurre Kirk e che lo attacca quando lui la rifiuta e per finire si trasforma in una gatta gigante, uno dei tanti stereotipi di donne sensuali ma infide.

“Mistero in Galleria” ha prodotto, nel 1971, un episodio dal titolo “Witches’ Feast” che rigurgita il solito trio urlante di vecchie streghe dal naso adunco. Di fatto per un periodo la commedia supera il confine del personaggio tradizionale di strega rispetto alla fantascienza, e meno male!

Oggi, quando i fans del genere delle serie TV pensano alle streghe è più probabile che pensino a donne giovani che si possono incontrare quotidianamente, come Willow, il personaggio già citato di “Buffy the Vampire Slayer“, o le sorelle Halliwell di “Charmed” (Streghe), pensano a “Sabrina the Teenage Witch” (Sabrina, Vita da Strega), a Katrina di “Sleepy Hollow“, o per gli amanti della storia, ai personaggi di “Salem“. [l’autrice del pezzo dimentica Bonnie Bennett di “The Vampire Diaries”, a Davina Claire o Sophie Deveraux, di “The Originals” e penso che gli adolescenti e non solo oggi pensano subito a queste tre streghe ndt]. Serie come queste hanno notevolmente trasformato l’immaginario delle favole per bambini. Phoebe critica la rappresentazione della strega come “vecchia dal naso adunco” nella cultura di massa in un episodio di “Charmed” (Streghe) della terza stagione e Willow fa notare più di una volta quanto odia gli stereotipi delle streghe.

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Chiedere ad una persona moderna che aspetto ha una strega è come chiedere che aspetto ha una persona omosessuale: semplicemente hanno l’aspetto di persone. Ma nonostante il sentire comune moderno, è difficile ignorare che la maggior parte delle streghe della TV oggi ha dei canoni ben definiti per il loro aspetto fisico, tranne rare eccezioni, che le vogliono spudoratamente giovani, femmine, bianche [con l’eccezione delle streghe di The Vampire Diaries e di The Originals ndt], magre, eterosessuali (con le sole eccezioni di Willow e Tara) e sexy in modo convenzionale.

Quando ero giovane e mia madre si specchiava senza trucco esclamava: “Sembro una strega!”, allora strega era sinonimo di “brutta” e brutta a sua volta significava “cattiva”, non solo per le streghe, ma per tutti i personaggi della cultura di massa, specie per le donne. Le streghe come protagoniste, quelle con cui si suppone dobbiamo simpatizzare, devono essere belle. Allora abbiamo solo scambiato uno stereotipo con un altro?
Storicamente l’immagine della strega non era legata soltanto alla bruttezza ma anche alla vecchiaia. Nelle favole per bambini “vecchio” e “brutto” erano di fatto inseparabili. L’associazione con l’anzianità deriva dall’aspetto della triplice dea di anziana (befana). Giovane, Madre e Anziana sono i tre aspetti del divino femminino venerato da molti Neopagani e da altre pratiche spirituali basate sulla natura. L’anziana indica l’invecchiare, non come si intende spesso oggi nella sua accezione negativa, ma nella sua accezione di conoscenza e sapienza. L’energia dell’anziana ricorda il cambio autunnale delle foglie, la luna calante e la morte, ma non la cattiveria. La morte e l’anzianità possono spaventare noi miseri umani e vengono per questo catalogati come “male”.

Nella cultura popolare “anziana” è un termine relativo che significa spesso “più anziana dell’eroina”. (Margaret Hamilton aveva solo 37 anni quando ha recitato la parte della strega cattiva). Inoltre la televisione contemporanea ha un modo di schiacciare i tre aspetti, giovane, madre e anziana, in una stretta scala di età. In Once Upon a Time per esempio, la serie inizia con l’introdurre un trio: Emma, Biancaneve e la regina cattiva, e Biancaneve dice: “null’altro che una strega cattiva” la cui età spazia di non più di una decade grazie ad una maledizione che congela nel tempo alcuni personaggi.
Charmed (Streghe) rappresenta il trio con tre sorelle dove Prue incarna l’anziana, Piper, col suo carattere che dona sostegno, la madre e Phoebe con la sua caparbietà, la giovane. I ruoli diventano meno chiari con l’arrivo di Paige al posto di Prue.

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Più di recente “American Horror Story: Coven” spalma le età delle tre donne interconnesse in un continuum più ampio e associa anche l’età con la bellezza, una forza trainante per il personaggio dell’anziana Fiona Goode. Jessica Lange sembra stare molto bene a 65 anni ma il suo personaggio è molto più anziano, sempre in lotta in modo ossessivo con l’avanzare dell’età mediante l’uso di un siero non testato. Il suo personaggio può sembrare affascinante ma è più cattivo di quanto sembra perché è in realtà molto più vecchio di quanto sembra. Di nuovo: Anziano=brutto=malvagio.

Lafayette di True Blood è degno di nota anche se non è chiaramente definito come strega, ma è un medium che può usare la magia. E’ anche un nero gay e così abbatte diversi stereotipi in un colpo solo. Ci sono anche streghe maschi in The Vampire Diaries ma non seguo queste serie televisive pertanto sentitevi liberi di esprimere le vostre considerazioni in merito nello spazio dei commenti.

Il problema delle streghe nella fiction è molto più complicato di ciò che può sembrare perché le streghe esistono davvero al contrario di lupi mannari e vampiri, per esempio. Esistono delle persone che praticano l’Arte della magia e della stregoneria, o che seguono la religione della Wicca. Charmed (Streghe) ha provato a far conoscere l’esistenza di tali persone alle masse nell’episodio pilota dove vengono uccisi dei Wiccan. Questo episodio introduce a tutti gli spettatori la “Wiccan rede” e alla pronuncia corretta della parola “athame”, ma nonostante questo non c’è molto che esalti la diversità dato che le streghe reali esistono come diversi tipi di persone, di diverso peso, taglia, età, etnia e capacità. Rappresentare le streghe in modo così ristretto come si fa nella serie TV “Streghe” non è diverso dal rappresentare così ogni altro gruppo sociale.

Fool Me Once

Però almeno non esiste più un codice di abbigliamento. I cappelli conici sembrano essere diventati di moda per i praticanti dell’Europa occidentale medievale e sono diventati anche fonte di molte favole tradizionali e questo rende comprensibile l’immaginario che ne è seguito. Lo scorso Halloween, Slate ha scritto un articolo sulle possibili origini di questo tipo di cappello. Molte streghe di oggi comunque possono anche usare tuniche e cappelli conici nei rituali ma molto probabilmente non aspettano l’autobus vestiti così e perciò è un bene che molte streghe della TV si vestano con abiti ordinari da tutti i giorni. Per Halloween quindi sentitevi libere/i di vestirvi da strega Kandy Korn o da Elphaba o da qualsiasi altra cosa tra le due. Vestitevi come vi vestite per andare a lavorare e dite a tutti “sono una strega” perché nella realtà una strega può vestirsi come meglio lei o lui vuole!

Kristina scrive blog su pilota di serie TV e ha contribuito ad altre pubblicazioni su televisione, video giochi, musica e arte. Ha una laurea umanistica in sceneggiatura (writing performance) e twitta su “meek the geek”.

Flavia Wolfrider è un’artista, tatuatrice, musicista e studiosa delle antiche spiritualità. Gestisce il blog Gea-Draconia ed ha scritto diverse pubblicazioni sull’esoterismo, magia, archeologia, astrologia e vie spirituali. Qui potete trovare la sua pagina facebook.

 

 

The Bridge versione US chiude (finalmente) i battenti

The Bridge versione a stelle e strisce era solo una pallida imitazione dell’originale danese/svedese Bron. Già dopo la prima stagione vi erano stati dubbi sulla scelta della FX di continuare con uno show che, onestamente non aveva né capo né coda. La trama, forzosamente cambiata per arrivare alla pruriginosità che tanto piace oltreoceano, era piena di buchi e di scelte del tutto inutili. The Bridge si dibatteva tra il whodunnit di ispirazione originaria e un tentativo di cast collettivo che però non è mai maturato. L’unica cosa che funzionava era la discreta caratterizzazione dei due protagonisti. Il poliziotto messicano passionale e con problemi familiari e la poliziotta americana con problemi relazionali, anche se i due originali interpretati da Sofia Helin e Kim Bodnia (che però ha deciso recentemente di cambiare aria) sono distanti anni luce.
Diamo atto al canale di averci provato almeno per un altro anno, ma adesso l’annuncio è definitivo, The Bridge chiuderà con il terminare della seconda stagione. I ratings sono rimasti bassi, la critica è tiepida. Addio The Bridge, noi continueremo a guardare Bron

Ecco gli originali:

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Il Vampira Show: una goth story sul Sunset Boulevard

Era il 30 aprile 1954, a mezzanotte sul Channel 7 della KABC, una tv che trasmetteva nella zona di Los Angeles, una donna pallida, magra, dal fascino macabro e sensuale e dalle lunghe e minacciose unghie dipinte di nero avanzava fra la nebbia in un corridoio buio e coperto di ragnatele. La figura minacciosa, altera  e inquietante quasi scivolava verso la telecamera, lanciando un urlo agghiacciante, era l’inizio del Vampira Show (titolo alternativo Dig Me Later, Vampira). Ma era per la storia della tv  l’inizio di un mito fondante che ebbe tante incarnazioni, mentre per Maila Nurmi, l’attrice che interpretava Vampira, fu invece l’inizio di una storia tipica del Sunset Boulevard degli anni ’50…

Con le sue assurde misure, 91-43-91, Maila Nurmi, ex ballerina burlesque, aspirante attrice e modella, si proponeva come una “Greta Garbo Gotica” e ogni settimana presentava un suo show fatto di B-movies, horror e tanta sci-fi di pessima qualità, in altre parole il paradiso per ogni cinefilo che adori il pulp. Era il 1954, finì in poco tempo sulla copertina di Life, …e poi?

Figlia di emigranti finlandesi, Maila Nurmi fuggi a Hollywood a soli 17 anni, il suo sogno ovviamente era fare l’attrice. Cominciò a lavorare come spogliarellista, danzatrice esotica, modella softcore e pin-up per l’illustratore Alberto Vargas, lo stesso percorso obbligato che attrici come Marilyn Monroe e Mamie Van Doren finirono col fare poco dopo. Nel 1944 fu scritturata a Broadway per due opere teatrali di Michael Todd, Catherine Was Great e Spook Scandals. Nella prima, che debuttò il 2 agosto 1944, fu ben presto estromessa dalla protagonista, Mae West, che temeva di essere messa in ombra (fonte wikipedia). Nell’horror-show Spook Scandals, in cui apparve per la prima volta nei panni di una dark lady che usciva urlante da una bara, fu notata dal famoso regista Howard Hawks che la riportò a Los Angeles col progetto di girare l’adattamento cinematografico del romanzo horror Dreadful Hollow (al quale avrebbe collaborato anche William Faulkner). Il film però non fu purtropo mai realizzato. Con l’aiuto del marito Dean Riesner, poi divenuto sceneggiatore di numerosi film per il cinema e la televisione tra i quali Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo, Chi ucciderà Charley Varrick?, Brivido nella notte, Maila sviluppa sempre più il personaggio di Vampira, una gothic sex lady che esprime però le prime pulsioni più oscure di un’America che nel dopoguerra appare felice e spensierata. Il matrimono con Riesner, e la relativa stabilità economica, le permettono di fare lavori che la portano a contatto con il jetset eccentrico ed esclusivo di Hollywood.

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La svolta arriva all’annuale Bal Caribe Masquerade del coreografo Lester Horton (famoso per il lavoro svolto nel Tarzan degli anni ’30), al quale si presenta con un costume ispirato a un personaggio dei fumetti di Charles Addams… proprio quelli che su cui si baserà anni più tardi la Famiglia Addams, pubblicati sul periodico The New Yorker. La sua maschera, nonostante il caleidoscopio di Drag, artisti di avanguardia e creativi di LA (qualcuno chiamava il giro di Horton la “mafia gay” di Hollywood) vince il primo premio e attira l’attenzione del produttore televisivo Hunt Stromberg, Jr. che, avendo sul groppone una miriade di B-Movies e non sapendo come commercializzarli, le affida il ruolo di presentatrice per una rassegna di film horror sulla rete di KABC. Era nato The Vampira Show, uno show antesignano di format antologici a tema horror presentati da una figura inquietante, ma soprattutto che lanciava la figura della Vampira Sexy che rimarrà per sempre nell’immaginario collettivo e che tutt’oggi imperversa, ahimè a volte anche troppo, in ogni festa di Halloween da New York a Roccasecca.

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Nurmi aveva creato una prima versione di Vampira, una creatura prototipo con lunghi capelli neri e un abito nero da cocktail, da varie ispirazioni cinematografiche, soprattutto da figure come Caroline Borland in Mark of the Vampire e un po’ Gloria Holden in Figlia di Dracula. Ma anche dalle attrici noir del cinema muto e dalla sua esperienza circense e burlesque.

Lo show diviene un succcesso immediato, niente così si era mai visto prima. La Nurmi comincia ad apparire in spettacoli a fianco di Lon Chaney Jr. e Bela Lugosi. Frequenta James Dean e il suo entourage al mitico ristorante Googie, uno dei pochi punti aperti a tarda notte nel 1950 a Hollywood. Diviene parte de “La ronda di notte”, un gruppo di aspiranti attori e registi che aleggiavano intorno Dean, il ragazzo strano e affascinante dell’Indiana che stava per raggiungere la status di superstar grazie a  Gioventù Bruciata.

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una proto Vampira e James Dean

Tutto sembra andare per il meglio, gli ascolti sono altissimi, il programma e amatissimo e Vampira finisce sulle copertine delle principali riviste.

Ma poi un fulmine a ciel sereno: la rete cancella lo show. Troppe polemiche legate alla sua figura inquietante, una campagna stampa che associa la frequentazione della Murni alla morte di Dean, diverse cause legali contro la stessa Murni e, il colpo di grazia, il divorzio da Reisner. La rete aveva giocato molto sulla starlet inquietante di notte ma felicemente sposata e casalinga di giorno, cercando di vendere Vampira come un semplice gioco di eccentrico travestimento e così smussando gli aspetti più destrutturanti del personaggio, la fine del matrimonio con Reisner era anche la fine di questo gioco. Vampira non esiste più.

Alla fine degli anni ’50 Maila torna a vivere con la madre mentre riceve l’indennità di disoccupazione. Appare in Plan 9 from Outer Space di Ed Wood che però non ha quasi pubblico (anche se diventa un film culto anni più tardi grazie a Tim Burton). La leggenda vuole che partecipi a film porno e che abbia gravi problemi psicologici. Ciò non è vero: pur non tornando a livelli di fama precedente, apre una piccola boutique negli anni ’60 a West Hollywood dove diviene una leggenda locale, nel suo negozio di prodotti artigianali ,ceramiche dipinte da lei stessa, circolano vari ex star e starlette del Boulevard che potrebbero tranquillamente aver ispirato il Rocky Horror Picture Show. Muore nel 2008 alla rispettabile età di 76 anni.

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Forse questo è tutto ciò che abbiamo bisogno di sapere della sua storia. Forse è più o meno tutto ciò che può essere conosciuto. E’ vero però che la sua influenza si è diffusa in lungo e in largo. Non ci sono cosplayer, feste di Halloween, film sui vampiri che non debbano riconoscere a Vampira una royalty in quanto archetipo assoluto.

Vampira prese in prestito da molti dei fantasmi che infestavano la cultura americana, elementi mai prima riuniti con il suo peculiare tipo di energia sessuale e l’atteggiamento di sfida all’america della middle class che fu di Dean e di Brando. Lei stessa descriveva il suo personaggio come un prodotto degli elementi della storia americana, dei terrori della grande depressione e dello stile della beat generation. Una grande figura ed una tipica storia di decadenza e fallimento della Hollywood degli anni ’50 che potrebbe stare benissimo su un libro di Bukowski o di Nathaniel West.

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Fonti: Vampira: Dark Goddess of Horror di W. Scott Poole. Wikipedia. Boing Boing

 

A 20 anni da The Kingdom nuova serie tv per Lars Von Trier

Non è proprio una novità per Lars Von Trier lavorare sulla narrazione seriale. Molti potrebbero infatti ricordare The Kingdom, la serie tv danese del 1994 che fu poi riproposta sotto gli auspici di Stephen King dalla tv americana (Kingdom Hospital) in una salsa un po’ più ironica e meno inquietante, più accessibile quindi ad un pubblico ampio.

La produttrice di Lars Von Trier, Louise Vesth, alla 71ma Mostra di Venezia ha annunciato che la tv danese produrrà una nuova serie diretta e prodotta dal regista che si intitolerà The House that Jack Built. Sul progetto c’è il più assoluto riserbo, il regista stesso ha deciso di limitare le sue dichiarazioni pubbliche dopo le critiche piovute su di lui a causa delle sua farneticazioni su Hitler e gli ebrei del 2011. La reazione dei media ha spinto Von Trier  (personaggio geniale ma poco incline all’autocritica) ad una pantomima con i media che lo ha portato, tra le altre cose, a partecipare solo via video e telefonicamente alla conferenza di presentazione della versione estesa di Nymphomaniac tenutasi alla Mostra in questi giorni.

Purtroppo non si sa ancora molto altro su The House That Jack Built, a parte che Von Trier ha richiesto un cast eccezionale e che “sarà qualcosa mai vista prima in tv”.

Comunque a pensiate sul regista danese, che di solito divide il pubblico in maniera netta, restate sintonizzati; The Kingdom era una bella serie e Lars Von Trier ha dimostrato di saper essere estremamente duttile quando si parla di registri e generi.

Fonte imagine: Rottentomatoes